L’esenzione ex art. 67, co. 3, lett. e), LF non si estende alla revocatoria ordinaria (Cass., 8.2.2019, n. 3778)

 

 

 

di Morena Pirollo e Alessandro d’Angelis.

Con la sentenza n. 3778, depositata lo scorso 8 febbraio, il Supremo Collegio, contravvenendo alla tesi espressa in obiter da e Cass. civ., Sez. VI, 05/07/2016, n. 13719, ha statuito che l’esenzione di cui all’art. 67, co. 3, lett. e), L. Fall. (per la quale « non sono soggetti all’azione revocatoria » (tra gli altri) « gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione … dell’accordo omologato ai sensi dell’art. 182-bis ») si riferisce unicamente all’azione revocatoria fallimentare disciplinata dallo stesso art. 67 L. Fall. e non anche all’azione revocatoria ordinaria contemplata dagli artt. 66 L. Fall. e 2901 e ss. cod. civ. evidenziando come, quando abbia invece voluto riferirsi ad entrambe le azioni, il Legislatore ha fatto diverso ed esplicito riferimento omnicomprensivo alle « azioni revocatorie disciplinate nella presente sezione » (art. 69-bis L. Fall.).

A conforto dell’avviso espresso, i giudici di legittimità hanno indicato come significativa la circostanza che il Legislatore, nel disciplinare l’analogo “accordo di ristrutturazione dei debiti” contemplato nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla L. 27 gennaio 2012, n. 3, abbia previsto chiaramente nell’art. 12, co. 5, che « Gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione dell’accordo omologato non sono soggetti all’azione revocatoria di cui all’art. 67 del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 », con ciò rimanendo, pertanto, soggetti all’azione revocatoria ordinaria.

Il diverso trattamento è giustificato, ad avviso della Cassazione, dalla diversità di funzioni, struttura e fatti costitutivi delle della revocatoria ordinaria e di quella fallimentare, la prima essendo diretta a tutelare (ricostituendola) la garanzia patrimoniale di uno qualsiasi dei debitori ed avendo, perciò, come presupposti il compimento di un atto lesivo della garanzia patrimoniale e la consapevolezza di questo pregiudizio (per questo si dice che nella revocatoria fallimentare l’eventus danni è in re ipsa e non è fatto costitutivo della domanda: Cass. Sez. 1, 17 dicembre 2010, n. 25571), la seconda, più specificamente, a salvaguardare il rispetto del principio della par condicio creditorum e fondata, pertanto, sul diverso presupposto soggettivo della scientia decoctionis (ovvero la conoscenza da parte del terzo dello stato d’insolvenza del debitore) a prescindere dalla consapevolezza del concreto pregiudizio cagionato dall’atto (c.d. eventus damni), anche i termini di mero aggravamento dell’insufficienza del patrimonio del debitore a soddisfare i creditori, invece necessario nella prima.

Così che mentre la revocatoria ordinaria mira a colpire atti idonei ad indurre l’insolvenza nel debitore, quella fallimentare colpisce gli atti compiuti quando questi era già insolvente.

Diversi sono, inoltre, l’ambito temporale rilevante per l’esercizio delle due azioni e l’onere probatorio che connota l’azione revocatoria ordinaria, più gravoso di quello applicabile alla revocatoria fallimentare, ove al curatore, ricorrendo talune condizioni, è consentito di avvalersi di presunzioni iuris tantum (art. 67, co. 1, L. Fall.)

L’arresto si colloca nel solco di un orientamento espresso dalla giurisprudenza di merito in tempi più risalenti (Trib. Roma, 22/04/2013 e Trib. Milano, 29/02/2012, n. 2591).  Il Tribunale di Milano, in particolare, nella citata pronuncia aveva giustificato la non estensibilità della esenzione in parola all’azione revocatoria ordinaria in quanto contemplata nel citato art. 67 L. Fall. e, pertanto, nell’ambito delle azioni revocatorie fallimentari, trovando, invece, la revocatoria ordinaria regolamentazione in altra norma della legge fallimentare (art. 66 L. Fall.), a tale distinguo aggiungendo quello inerente la preesistenza alla dichiarazione di fallimento dell’azione revocatoria ordinaria, che non è un’azione di massa in quanto a disposizione dei creditori ai sensi degli artt. 2901 e ss. cod. civ. per gli atti di disposizione del patrimonio posti in essere dal debitore in pregiudizio delle loro ragioni.

La questione, in ogni caso, pare essere in via di superamento per effetto del testo riformato del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. L’art. 166, co. 3, lett. d) ed e) c.c.i., estende, infatti, espressamente il campo applicativo della esenzione da revocatoria fallimentare, di cui al più volte citato art. 67. co. 3, lett. e), L. Fall., anche a quella ordinaria a norma degli artt. 2901 e ss. cod. civ.. Non saranno, perciò, revocabili – né mediante revocatoria fallimentare, né ordinaria – gli atti, i pagamenti effettuati e le garanzie concesse su beni del debitore posti in essere in esecuzione del piano attestato, salva la mala fede del debitore, ovvero quelli posti in essere in esecuzione del concordato preventivo e dell’accordo di ristrutturazione omologato e in essi indicati, nonché quelli legalmente posti in essere dal debitore dopo il deposito della domanda di accesso alle predette procedure.

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